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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Gennaro Aprea (del 01/03/2008 @ 20:31:57, in F) Questa è l'Italia, cliccato 834 volte)
PUBBLICITA’
 
La mia vecchia professione di consulente di management mi ha sempre portato a fare attenzione alla comunicazione di marketing ed in particolare a quella parte che si chiama pubblicità.
In Italia, specialmente – ma non solo – in televisione, vi è una maggioranza di comunicati, chiamati ormai solo “spot” pubblicitari, che sono assolutamente pietosi e ve ne sono perfino alcuni che incitano all’anarchia, oppure che prendono noi consumatori per degli imbecilli creduloni.
Vi faccio qualche esempio.
1) La RAI, per invitare a pagare il canone annuale, ha creato uno degli spot nel quale un ragazzino, durante una gara delle olimpiadi di nuoto sincronizzato, lascia andare in piscina un modello di motoscafo radiocomandato che urta contro la testa di una nuotatrice che”affonda”: Se questa non è istigazione all’anarchia, spiegatemi come si chiama! Tutto questo per far capire che la RAI coinvolge e lascia liberi i telespettatori di fare ciò che vogliono (che non è affatto vero)..
2) Un altro esempio di spot per imbecilli è quello che pubblicizza un prodotto per lavare perfettamente un casseruola di vetro incrostata di rimasugli di arrosto bruciato usandone una piccola quantità con un programma leggero della lavastoviglie.
3) L’ultimo che riferisco oggi classifica tre nostri calciatori importanti per degli emeriti cretini perché quando si avvicina a loro, seduti ad un tavolo di bar, un uomo sorridente, assumono l’espressione di persone molto appagate dall’essere stati riconosciuti, cosa che dopo un solo attimo cade nel vuoto della delusione perché dietro al loro tavolo vi sono 4 persone che rappresentano un gruppo di banche. Infatti l’uomo sorrideva ai bancari e non ai calciatori. Alla fine l’uomo, soddisfatto delle assicurazioni dei servizi offerti dalle banche, esclama:”che squadra!”. Al che uno dei calciatori si alza con l’aria incazzata perché si sente sminuito, pronto ad inveire (o qualcosa di più) contro l’uomo, ma i compagni lo fermano.
Non so se questo spot colga l’occasione per prendere in giro i nostri calciatori che si sentono sempre al centro dell’attenzione e, quando non lo sono, si mostrano delusi al massimo comportandosi da imbecilli….e forse molti di loro lo sono.
 
In conclusione, salvo poche eccezioni, la comunicazione pubblicitaria televisiva in Italia è in generale mediocre rispetto a quella di altri paesi europei. E’ certamente una questione di percentuale, ma vi assicuro che mi vengono dei dubbi su quanto essa possa fare effetto (salvo certamente non quella penosa dei prodotti svizzeri) su noi consumatori
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Di Gennaro Aprea (del 07/03/2008 @ 11:22:44, in F) Questa è l'Italia, cliccato 979 volte)
MORTI SUL LAVORO
 
Sono troppi giorni che siamo colpiti dalle notizie e profondamente addolorati per la lunga catena di morti e feriti che sembrano aumentare invece di diminuire nonostante siano diventati un male sentito ormai da tutti gli italiani, come non succedeva fino a poco tempo fa.
Voglio esprimere qualche mio pensiero perché sento e vedo in televisione tante persone (fra cui molti politici) e giornalisti che ne parlano come se fossero diventati fatti di banale cronaca nera e non vanno a fondo nelle cose con imparzialità.
“Si devono aumentare le pene”
“Gli imprenditori sono colpevoli e devono essere perseguiti sempre di più”
“I lavoratori sono diventati solo cose che servono per produrre e non si pensa più a loro come persone”
“Troppe famiglie diventano vittime delle morti bianche”…
“Dobbiamo migliorare le leggi e aumentare le ammende”…
“Non possiamo (noi imprenditori) accettare maggiori oneri per la sicurezza”
E così via di seguito…..
Voglio dire qualcosa perché nella mia lunga esperienza di lavoro mi sono trovato per molti anni di fronte alla necessità di gestire situazioni simili perché ho dovuto amministrare navi che trasportavano vari tipi di gas e prodotti chimici, alcuni molto pericolosi. E so cosa vuole dire e come può essere pericoloso bonificare serbatoi, bonifica necessaria per cambio di prodotto da caricare.
Di fronte alla morte mi inchino e mi sento assolutamente solidale con le famiglie, le mogli, i figli, spesso solo bambini che non avranno più il loro padre (o madre) per tutta la vita.
Però. C’è un però che mi sento di dover dire, anzi i “però” sono più di uno.
Riconosco che molti imprenditori prendono alla leggera l’intero sistema di sicurezza per i lavoratori della loro impresa, con atteggiamenti, anzi prassi, che provocano molte di queste morti e ferite-menomazioni che creano disabili.
Il primo “però” è: ma se vi sono delle norme più o meno cogenti che possono evitare “stragi”, come le prendono in considerazione gli stessi lavoratori?
 
Prendiamo per esempio l’ultima strage, quella di Molfetta. Vi è una cisterna da bonificare. Sembra – perché le informazioni sono quasi sempre approssimative - che l’ultimo carico sia stato nel dicembre 2007 e che si tratti di zolfo in polvere (o liquido?). Da quanto ho letto e sentito alla radio e in televisione, sembra che abbiano usato acqua calda e “candeggina”, cioè un liquido che contiene cloro che avrebbe potuto creare un gas letale miscelato ai residui di zolfo. Poi il primo degli uomini si affaccia al “passo d’uomo”; si sente male respirando quel gas (mentre scrivo ancora non si sa quale sia) e cade nella cisterna rompendosi una gamba (sembra). Ma perché si avvicina al passo d’uomo senza un respiratore e – se necessario – senza una bombola di aria o di ossigeno? Anche se si tratta di semplice zolfo! Cosa doveva fare? Quali sono le norme? Nessuno lo ha mai detto in questi giorni!
Poi arriva il secondo lavoratore, che ha visto e forse ha capito. Anche lui si comporta nella stessa maniera, ma non ha capito un bel niente; e così di seguito per altri tre dei quali uno è il piccolo imprenditore la cui attività è proprio quella di bonificare serbatoi che hanno contenuto prodotti vari, quindi dovrebbe avere un’esperienza adeguata (ci sono gas letali o molto pericolosi che si creano perfino in cisterne che hanno contenuto solo grano, quello che serve per fare la farina, alimento base della nostra alimentazione).
Ebbene mi viene spontaneo pensare che quelle povere persone si sono comportate come uno che di notte in una strada completamente buia e di grande traffico, si veste di nero, si tinge anche la faccia di nero e si stende sull’asfalto, cioè si comporta come se volesse suicidarsi premeditatamente.
Cioè, in poche parole: ma dove avevano la testa?
E di questi esempi di comportamento ce ne sono centinaia, forse migliaia.
Io ne ho uno a due passi da casa. Da poco più di un mese sono iniziati i lavori in un grande cantiere per la costruzione di immobili di civile abitazione. Vi sono tre gru alte circa 40 metri con un braccio altrettanto lungo se non di più. Queste gru portano in giro grandi contenitori di malta di calcestruzzo che è caricata da camion miscelatori e spostati per la discarica nei posti che devono essere riempiti di calcestruzzo. Non riesco a vedere se indossano guanti e scarpe di sicurezza, ma sicuramente nessuno dei lavoratori addetti che manovrano le gru e che spostano i contenitori per posizionarli nei punti esatti, nessuno ha mai indossato un casco. Io penso che siano imbecilli.
La ASL dovrebbe controllare, perché sua è la responsabilità da quando hanno eliminato l’ENPI (Ente Nazionale Protezione Infortuni) che era composto solo da esperti ingegneri che facevano prevenzione, ingegneri che quasi non esistono più nelle ASL. E cosa fa’ questo ente tuttofare per prevenire?
 
Ma, ritornando alla cisterna, quali sono le regole per entrarvi attraverso il passo d’uomo? I lavoratori sono stati istruiti adeguatamente e preventivamente? perché non ne parlano? chi fa’ rispettare le regole nell’ambito dell’impresa stessa? ci sono controlli? se non ci sono, perché? ecc.
Questi sono tutti “però” che se avessero buone risposte eviterebbero le disgrazie, quelle che si non possono addebitare solo alla mala sorte.
E l’ultimo però è: tutti si lamentano della mancanza di fondi per rinforzare i controlli. In Italia vi sono delle buone leggi – anche se sono troppe – ma non sono applicate perché spesso complicate e perché non vi sono controlli.
Le morti bianche (con i disabili e i feriti) costano milioni alla collettività e l’aumento dei controllori e dei controlli verrebbe ampiamente ripagato dal risparmio derivante dalla sostanziale diminuzione di queste stragi.
Siamo nelle stesse condizioni delle morti per incidenti stradali. Più polizia, più controlli, meno morti, disabili e feriti, meno spese per la collettività (a parte naturalmente meno dolore di tutte le persone coinvolte).
Non c’è niente da fare: siamo in mano a una massa di incompetenti che fa solo i propri interessi e non sa guardare oltre il proprio naso.
E, se questi ci amministrano, è solo colpa nostra che non ci interessiamo, come dovremmo, di sapere bene chi mandiamo ad amministrarci. E siamo anche capaci quasi sempre di rieleggerli.
Sono certo che molti, non solo non saranno d’accordo con me, ma mi malediranno perché non accettano una critica nei confronti dei lavoratori.
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Di Gennaro Aprea (del 18/03/2008 @ 16:04:44, in C) Commenti e varie, cliccato 797 volte)
SCRIVERE
 
Non si può seguire l’intera produzione di volumi pubblicati, saggi, storia, romanzi, poesia, ecc. anche se la lettura e la cultura sono cose che riempiono, anzi, che devono riempire la vita di tutti noi.
Personalmente sono affezionato ad alcune interessanti trasmissioni televisive e radiofoniche e alla lettura delle pagine culturali dei giornali che leggo sul quotidiano ed il settimanale ai quali sono abbonato.
In televisione seguo quasi ogni giorno “Le Storie” di Corrado Augias e “Chetempochefa’” di Fabio Fazi il sabato e la domenica sera. In ambedue ci sono sempre delle presentazioni di libri e di dischi con la presenza dei relativi autori o con intellettuali che da esperti commentano libri appena pubblicati. Sul quotidiano “La Repubblica e su “L’espresso” vi sono altrettante recensioni.
Chissà quante altre trasmissioni e stampa fanno la stessa cosa: immagino che siano moltissime, così che viene spontaneo pensare che i volumi che si pubblicano in Italia (per non parlare dell’estero e delle relative traduzioni editate nel nostro paese) siano un numero enorme, pressoché incommensurabile.
C’è qualcuno che ha affermato che oggi vi sono più scrittori che lettori. Certamente non ha detto una fandonia se pensiamo quanti libri scritti da tanti autori sconosciuti non sono e non saranno mai pubblicati.
Questo è il mio caso, anche se la mia produzione è decisamente limitata.
Come forse già sapete dal mio CV non professionale, due mie libri che trattano argomenti riguardanti la mia professione di consulente d’azienda sono stati pubblicati, ma per farli ci ho messo molto tempo. E, quando ho cominciato a scrivere le mie memorie romanzate che non sono state pubblicate per una serie di ragioni che ho ipotizzato nella presentazione del volume (scaricabile da questo sito) ho impiegato 5 anni per completare le circa 120 pagine.
Poi, quando ho smesso di lavorare attivamente all’inizio del 2006, ho iniziato a scrivere un vero romanzo che però è fermo da molti mesi perché sono stato e sono tuttora molto impegnato in una serie di cose che mi hanno fatto volare il tempo, ivi compreso lo scrivere su questo sito.
Ma non mi preoccupo, andrò avanti, lo completerò, forse ne comincerò un altro, solo per una ragione: mi piace scrivere, forse per egoismo perché è un piacere che mi dà una soddisfazione simile a quella che può provare un artigiano che costruisce qualcosa di bello, o uno sportivo che pratica la sua attività preferita anche per prepararsi ad una gara e vede che la sua preparazione atletica migliora continuamente mentre si allena (non mi azzardo a paragonarmi ad un artista che crea, perché di artisti, anzi di ARTISTI, ce ne sono pochi.
C’è uno scrittore famoso, Stephen King che ha detto: “Scrivere è come il sesso, man mano che si invecchia è sempre più difficile cominciare ma, se cominci, non vorresti mai finire”.
Ciò mi conforta…ed è per questo che ho voluto oggi esprimere questi miei pensieri sul fascino dello scrivere.
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