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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Gennaro Aprea (del 03/10/2013 @ 15:10:21, in M) Satira e Umorismo, cliccato 711 volte)
TRADITORE DI SE STESSO…E ALTRE ESIBIZIONI SENATORIALI
 
 
Sono stato incerto se inserire questo articolo nella Sezione “Satira e Umorismo” oppure in “Questa è l’Italia”; poi ho deciso per la prima perché l’umorismo è abbondantemente presente, anche se la parte seria è molto seria.
 
Non mi permetto di mettermi in concorrenza con i migliori editorialisti-commentatori su ciò che è successo in questi ultimi giorni, particolarmente ieri mattina in Senato.
Ho seguito l’evento dall’inizio alla fine e non posso fare a meno di dirvi che la conclusione è stata un eccelso spettacolo teatrale con un primo attore che, fra mimica (di bronzo, o meglio di “tola” alla milanese) e toni di battute ben studiate, ha superato le nostre migliori star teatrali passate (Vittorio Gassman) e presenti (Giorgio Albertazzi) sia in campo drammatico che comico.
Anche il nostro Presidente del Consiglio e numerosi Ministri non sono riusciti a nascondere il loro divertimento con malcelati sorrisi e scuotimenti di testa  di fronte a questo ultimo colpo di coda del Nostro.
Devo dire che il Senatore, alle ultime giornate ufficiali della sua vita di parlamentare, ha superato se stesso. Dopo aver chiamato la sera prima “traditori” i Ministri del suo Partito ed il gruppo che aveva deciso di seguirli, si è accodato a loro “per salvare il Partito” poche ore dopo.
In un certo senso si è autodefinito traditore. Stamattina un commentatore alla radio ha ricordato una frase di Luigi Einaudi, nostro secondo Presidente della Repubblica, che aveva dichiarato che “i traditori sono quelli che hanno perduto”.
 
Ma veniamo al punto del titolo, quello delle esibizioni senatoriali.
Durante il discorso di Enrico Letta la macchina da presa vagava nell’aula e ha ripreso numerosi “onorevoli” (?) senatori che:
-          telefonavano
-          smanettavano sul loro smartphone
-          chiacchieravano fra di loro
-          leggevano
-          lasciavano il loro scranno e si avvicinavano al Senatore Berlusconi parlandogli all’orecchio
-          altri comportamenti non degni della loro carica
Quando poi il Presidente del Senato Grasso ha dato avvio alle dichiarazioni di voto (alcune delle quali non degne di un senatore/senatrice) numerosi senatori si sono allontanati dall’aula oppure – peggio - hanno formato piccoli capannelli di due-tre persone di cui alcuni davano le spalle al tavolo della presidenza chiacchierando con gli altri interlocutori seduti. Altri continuavano a comportarsi come appena su-elencato.
 
Devo esprimere francamente il mio punto di vista, cioè che mi sono sentito offeso e umiliato da questi comportamenti in quelle circostanze. I nostri rappresentanti - tutti superiori ai 40 anni per legge, che dovrebbero essere i più posati e seri, hanno anche loro dato uno spettacolo penoso che, secondo me, è peggiore di quando, in alcune occasioni, i parlamentari italiani si sono accapigliati arrivando alle mani...che significa eccesso di partecipazione, ma almeno è partecipazione!.
 
Secondo me, i parlamentari eletti delle due Camere dovrebbero comportarsi sempre da persone di normale educazione, seguendo attentamente i discorsi di tutti senza intervenire con interruzioni, risatine rumorose o frasette di dissenso. Io credo che tutti i nuovi eletti in futuro dovrebbero fare un corso preventivo di buona educazione e comportamento in aula, fornendoli di un codice di etica scritto. Ed il Presidente dell’aula dovrebbe poter toglier loro la parola interrompendo la funzionalità del microfono in quei casi, oppure invitandoli a lasciare l’aula immediatamente; forse così i nostri rappresentanti eletti risulterebbero più seri agli occhi di noi elettori e anche di quelli di altri Stati.
 
PS – Fra pochi giorni il Senatore condannato dalla legge italiana non sarà, in ogni caso, più parlamentare, dovrà restare agli arresti domiciliari in un’unica abitazione. Non potrà uscire se non dopo richiesta ufficiale che potrebbe anche non essere accordata, a meno che non sia per motivi di salute; in quest’ultimo caso dovrebbe essere guardato a vista da agenti di pubblica sicurezza. Non potrà ricevere alcuno, salvo i familiari. Se non ottempererà a queste disposizioni, soprattutto quella di uscire senza permesso si potrà applicargli il braccialetto elettronico.
 
In alternativa potrebbe essere assegnato ai servizi sociali con le stesse limitazioni e doveri appena detti. Resta il dubbio circa la possibilità di questa alternativa, come ho già scritto il 19 settembre scorso nell’articolo intitolato “Berlusconi, ultima volta?” nel paragrafo 2. Infatti i servizi sociali possono essere accordati ad un condannato, solo se riconosce la propria colpevolezza, cosa che il Senatore non ha mai fatto, anzi si è dichiarato sempre innocente. Lo farà adesso dato che si è pentito delle sue azioni di far cadere il Governo in carica che cerca difficilmente e con risultati mediocri, proprio a causa di una maggioranza anomala e litigiosa, di fare qualcosa per il Paese?
 
 
 
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Di Gennaro Aprea (del 05/10/2013 @ 17:31:17, in C) Commenti e varie, cliccato 734 volte)
ANCORA DUE FLASH E UN COMMENTO SUL POST BERLUSCONI
 
1) Come è mia abitudine, stamattina ho ascoltato la rassegna della stampa di oggi di RadioTre con gli interventi degli ascoltatori. Uno degli ultimi è stato brevissimo ed ha detto più o meno: “ Ma la volete smettere di parlare sempre male di Berlusconi?”.
Se avessi avuto la possibilità d intervenire in tempo reale la mia risposta sarebbe stata: “non possiamo stare zitti se voi continuate a parlar bene ed elogiare Berlusconi dicendo un mucchio di falsità e fandonie; appena la smetterete, smetteremo anche noi….anzi, non parliamo più di questo signore, cominciamo ad essere seri”.
 
2) Sempre stamattina, le notizie sono state che il voto del Senato al completo sulla decadenza della carica sarà effettuata prima della fine del mese. Mi chiedo e vi chiedo: è mai possibile che per realizzare questi eventi previsti dai regolamenti burocratici delle nostre Camere debbano passare mesi? La sentenza ufficiale con le motivazioni è dei primi di agosto. Si è dovuto aspettare più di 60 giorni prima che la Giunta si riunisse per fare la votazione e ora per la definitiva dell’Aula altri 15-25 giorni.
Ma questi Senatori, quanto ci mettono a fare ‘sti lavoretti, pensamenti e rapporti, mentre in una impresa i suoi alti dirigenti per un argomento unico di questa portata ci metterebbero, a dir tanto, una settimana? Capisco i ritardi per le riunioni diplomatiche dei partiti della maggioranza “anomala”, ma non si può esagerare!
Quando ero ragazzo mio padre, prendendomi in giro, mi diceva: “Voglia di lavorar saltami addosso e fammi lavorar meno che posso!”, quando mi vedeva impigrito sui libri, distraendomi ad ogni minuto e pensando ad altre cose fuori dallo studio….tipo le vacanze, o la gita, o la festa con gli amici e le amichette; i cui concetti sono facili da trasferire alle attività usuali dei Parlamentari.
 
3) Nei primi degli anni 70 ho conosciuto in un viaggio aereo un parlamentare vicino di poltrona; poi siamo diventati amici e ho saputo tutto sulle sue usuali attività settimanali. Andavo spesso a Roma in quel periodo e ogni tanto mi capitava di incontralo per un breve pranzo a base di tramezzini, un bicchiere di vino e un caffè. Era un senatore di un medio capoluogo di Provincia (ex Sindaco), anche membro e successivamente presidente di Commissione parlamentare. Ha fatto 5 legislature ed ora non è lontano dai 90 anni, in pensione:
-          lunedì mattina o primo pomeriggio: aereo per Roma in economica e studio di incartamenti nel pomeriggio
-          martedì, mercoledì, giovedì, venerdì: in Senato per studio, preparazione di azioni dopo incontri con colleghi, riunione di Commissione ove prevista, aula per ascolto ed interventi su proposte di legge, votazioni, ecc.
-          venerdì sera: ritorno in sede
-          sabato e spesso domenica mattina: incontri in sede locale del partito e con i cittadini
-          poi si ricomincia: come e anche più della settimana di un dirigente d’azienda che ha la sua sede di lavoro fuori della propria residenza
-          Assentesimo: non più del 5% salvo assenze giustificate
-          Vacanze: 30-35 giorni fra luglio e agosto con la moglie lavoratrice (figli grandi e indipendenti)
-          Metà del reddito di parlamentare al Partito centrale e locale
-          Tv, radio e interviste varie: poco, solo il necessario. Talk show televisivi: non esistevano salvo gli interventi in incontri pre-elettorali.
Ce ne sono ancora di queste persone nelle Camere dei nostri Rappresentanti? (ai tempi ne ho conosciuto altri che si comportavano alla stessa maniera). Forse ce ne sono ancora così, pochi e non esibizionisti, ma sono una fortissima minoranza.
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Di Gennaro Aprea (del 09/10/2013 @ 11:04:40, in F) Questa è l'Italia, cliccato 722 volte)

SE IL DISORDINE È SINTOMO DI MALESSERE 
 
    
MICHELE SERRA

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Che l’ordine e la disciplina siano sempre e comunque salutari non è poi così certo. Ma che il disordine sia insalubre, perché genera ansia, perché corrode l’anima, è invece sicurissimo. Bastano un paio di giorni a Roma — amatissima, anche perché ci sono nato, ma faticosissima — per abbassare le mie difese immunitarie. Arrivo a sera sfinito. Non tanto la quantità del traffico ma la sua qualità (perfino i pedoni fanno manovre folli) mi stordisce, così come il tempo divorato dagli ingorghi e dai ritardi miei e altrui, i taxi che non si trovano, la sensazione di caos permanente, l’idea di non riuscire mai a trovare il bandolo di una città che ti si sfilaccia sotto i piedi, splendida e in perenne disfacimento.
L’ordine ha le sue brave patologie (quella più tipica è la dittatura) e le sue riconoscibili stupidità: alle Olimpiadi di Los Angeles ricordo ancora con totale ilarità certi “percorsi guidati”, righe gialle al centro di enormi piazzali vuoti, lungo i quali noi giornalisti dovevamo camminare in fila indiana sorvegliati da zelanti volontari che ci invitavano a non deviare neppure di un metro da quell’assurdo ricamo sull’asfalto. Ma il disordine è già in sé una patologia, e nel malessere italiano, ultimamente così acuto, non escludo che l’incapacità di fare ordine — riordinare i gesti come i pensieri — sia una delle cause più eclatanti. La proverbiale incapacità di fare la coda (ultimamente, va detto, un poco attenuata) non è che un sintomo. Ho visto recite scolastiche nelle quali i genitori facevano un tale bordello da soverchiare le voci dei loro figli sul palcoscenico. Ho sentito minuti di raccoglimento diventare ricettacolo di urla, applausi e fischi, cori tribali. Non sopporto gli applausi ai funerali, il lutto che muta in caciara, non capisco che cosa abbia fatto di male, il silenzio, ai miei connazionali. Continuo a vedere parecchi italiani sociolesi (mio neologismo) incapaci di comprendere che, quando la metropolitana apre le porte, prima bisogna far scendere chi è a bordo, e solo dopo si può salire.
Queste tipologie del disordine stroncano, anche perché è la loro minuzia a far cadere le braccia. Se in caso di guerra e di bombardamento la gente urla e fugge disordinatamente, è possibile farsene una ragione. Ma il ciclista a testa bassa sul marciapiede, il gippone in doppia fila, la signora sorridente che ti passa davanti alla cassa del grande magazzino, loro non sono soverchiati da alcuna emergenza, costretti da alcuna catastrofe. È l’ordinarietà dell’offesa, la leggerezza con la quale viene inflitta a impedire una reazione organizzata: se non la voglia, sempre più frequente con l’età, di trasferirsi in Provenza o in Svizzera, meravigliosamente noiosa.
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SEGUITO DEL DISORDINE


Nel 1957 sono andato a lavorare in Nigeria quando questo paese era ancora una colonia inglese. Gli italiani non erano ancora come quelli descritti da Serra però in tutti gli atti collettivi della colonia c’era qualcosa che non conoscevo nei comportamenti di noi italiani in quegli anni. Quindi ho avuto il cosiddetto “imprinting” inglese. Avete presente gli inglesi in fila? Uno dietro l’altro uno e nessuno che cerca di infilarsi o di affiancarsi. Ovviamente anche i nativi si comportavano così perché avevano imparato dagli inglesi e a scuola.
Ma non basta; nel 1975 sono andato a lavorare in Brasile, nel periodo della dittatura dei militari. La prima volta che presi l’aereo/“shuttle” da Rio a San Paulo nel vecchio aeroporto dove ci si avvicinava a piedi all’aereo uscendo dal “gate”, trovai la fila ordinatissima uno per uno: era “merito” – si fa per dire – del regime politico? forse una sua volontà di dimostrazione propagandistica di un regime serio, però ancora è così. Avete invece presente gli italiani in circostanze analoghe?
Condivido il 100% delle giuste critiche di Serra, da Roma (dove ho vissuto da giovane 15 anni della mia vita e quando ci torno mi deprimo come lui) ai cori tribali dello stadio e gli applausi della gente ai funerali, ecc..
Ma aver vissuto e viaggiato in tanti paesi esteri mi fa venire l’idiosincrasia delle persone che vivono così, più di quelli che conoscono meno i paesi più civili del nostro.
 

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