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Telecom, privatizzazione zoppa, ecc.
Di Gennaro Aprea (del 19/04/2007 @ 19:03:00, in A) Aziende, innovazione, produttività, costi, ecc., cliccato 1056 volte)
TELECOM – Privatizzazione zoppa, speculazione e ignoranza politica e mediatica
 Fonte AP
 
In questi giorni si parla molto – troppo e male – di ciò che è avvenuto e sta avvenendo in questa società che sembra sia rimasta l’unica e la più importante rappresentante dell’italianità dell’imprenditoria delle telecomunicazioni.
I miei trascorsi di consulente di direzione e organizzazione che si è occupato a fondo di cose simili in occasione di un’altra importante privatizzazione, quella dell’ENEL, mi spingono a fare anch’io alcuni commenti.
 
1)     LA RETE TELEFONICA - Sembra che tutti si siano accorti all’improvviso che la struttura e la rete di distribuzione telefonica nazionale sia rimasta in mano alla Telecom (ex Sip, ex varie società telefoniche pluriregionali); forse questo giustifica in parte il “canone”, sempre che la Telecom avesse investito nel miglioramento e nella manutenzione, cosa che non sembra sia stato fatto. Quindi è apparsa sui giornali la “grande notizia” che la rete doveva essere staccata dalla Telecom “secondo il modello inglese”, ad immagine di quanto è stato fatto da tempo in Gran Bretagna. Cosa significa questa decisione strategica? Da quando è finito il monopolio statale della telefonia, la rete è rimasta in mano e sotto il controllo della Telecom privatizzata, cioè non più appartenente alla Stato (questo intendo per privatizzazione zoppa perché la concorrenza è limitata pesantemente). Il risultato è che fino ad oggi, se un utente vuole divenire cliente di un concorrente della Telecom può farlo (mi sembra con l’eccezione di Tele 2 perché in questo caso il cliente deve prima fare un contratto con Telecom e poi passare a Tele 2); tuttavia la società concorrente fa’ un contratto con il cliente ma deve chiedere alla Telecom l’utilizzo della rete di distribuzione (cavi, centraline, ecc.) che gli viene ovviamente concessa. Però la Telecom ha sempre finora fatto il comodo suo e sollevato difficoltà (per es. io ho dovuto attendere 4 anni per avere l’ADSL e alla fine ho dovuto farlo con Alice/Telecom) ed il cliente deve attendere per avere la linea telefonica non meno di due mesi. Per farvi un paragone, quando nel 1969, dico 1969, andai a lavorare a New York e l’ufficio ebbe bisogno di due linee telefoniche in più, fu scelta una delle tante società concorrenti (non quella che le forniva le linee già istallate, perché l’offerta era migliore) e le nuove linee furono attivate in 36 ore! Bene, arrivati a questo punto vi dico che quando fu privatizzata l’ENEL, – quindi si potrebbe dire secondo il “modello italiano” derivante da un Regolamento europeo - la rete di distribuzione fu affidata ad un ente indipendente diverso dall’ENEL che si chiamava “Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (GRTN), oggi Terna, il quale risponde all’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas e “…gestisce i flussi di energia, i relativi dispositivi di interconnessione ed i servizi ausiliari necessari…” (DLGS 79 del 16/3/1999 su G.U. del 1/4/99). In altre parole l’Enel non aveva più alcun potere sulla rete di distribuzione (anche se all’inizio molti dirigenti erano ex Enel…) mentre invece TELECOM ha conservato il suo. Ed in effetti c’è la ferma intenzione di separare la rete in modo tale che questo nuovo gestore (probabilmente pubblico ma comunque indipendente) deciderà lui in perfetta obiettività a chi e come affidarne l’utilizzo alle varie società concorrenti. Allora come stiamo? Stiamo scoprendo l’acqua calda?
2)     I POSSIBILI ACQUIRENTI DI TELECOM – Si fa’ anche un gran parlare con critiche pesanti sul comportamento del Governo che – affermano molti personaggi e i media dell’opposizione – abbia fatto di tutto per non far vendere la Telecom agli americani di AT&T e America Movil perché la società deve rimanere italiana…. Io suppongo che gli americani, quando hanno saputo che la società che si accingevano a comprare avrebbe perso il controllo sulla rete, hanno decisoche non era più conveniente acquistarla e se ne sono andati (è notizia di oggi che forse l’AT&T ci ripensa a patto che “il governo non abbia delle interferenze). A mio parere il Governo si è espresso in maniera molto sbagliata, anche se adesso precisa che loro volevano solo auspicare che la Telecom rimanesse italiana. Forse la stesso Tronchetti Provera sapeva in anticipo dell’intenzione di liberalizzare (Bersani?) la rete e ha deciso di vendere?…Comunque una delle ragioni principali per cui molte società europee e non, ci ripensano prima di decidere un investimento in Italia, nasce dalle difficoltà e complicazioni del mercato italiano e dalla pesante burocrazia: i ben noti lacci e lacciuoli.
3)     PERDITA DELL’ITALIANITA’ - Io ho un punto di vista affatto personale che riguarda le internazionalizzazioni. Francamente preferisco che una società italiana, se deve essere venduta (o i proprietari vogliono disfarsene) rimanga nell’ambito europeo perché non mi piace il fatto che le società europee divengano di proprietà americana: ci scorgo una colonizzazione come gli amici di oltreoceano hanno già fatto nel Sud America (lo so bene per averci vissuto e lavorato). Per me una banca o una società telefonica o un’industria europea che fa’ acquisti in Italia è benvenuta soprattutto perché il loro know how manageriale è mediamente ben superiore a quello degli imprenditori italiani, molti - non tutti - dei quali sono dei pessimi imprenditori e si atteggiano ad ottimi finanzieri anche se sbagliano tutto (ricordate Romiti e Fresco alla Fiat e fate il paragone con Marchionne!). In altre parole io penso che se un tedesco o un olandese si compra un’impresa italiana non c'è niente di male, così come non vedo niente di male se un’impresa dello Stato di New York si compra un’impresa dello Stato della California o del Texas. So bene che l’Unione Europea è ancora di là da venire, ma vogliamo cominciare a pensare un po’ più europeo? E non siamo certamente noi italiani che ancora pensiamo “nazionalista”: diamo un’occhiata ai francesi…gli inglesi…,ecc. Eppure una delle società europee che ha molto successo è la BMW che fra l’altro ha concepito qualche anno fa una macchina di successo, la nuova MINI; però la fabbrica è ad Oxford in Inghilterra ed i motori sono Citroen/Peugeot. Che ne dite, non è un buon inizio di europeizzazione?
  
Scusate se sono stato molto lungo nel raccontarvi queste cose; certe volte non se ne può fare a meno.
 

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