PARLIAMO (E SCRIVIAMO) INGLESE
In questi ultimi 20 giorni si sono abbattuti su noi tutti “volumi” di articoli, di trasmissioni radio e TV sulla CRISI; ne abbiamo viste e sentite di ogni genere. Quindi non mi sono azzardato a fare commenti ulteriori; avevo anche molto da fare (terminare un libro, che spero sarà pubblicato presto), e nei momenti di riposo - si fa’ per dire – ho pensato ad altre cose, più o meno serie.
Le considerazioni che seguono derivano dalla mia discreta familiarità con la lingua inglese che pratico da ormai 55 anni. Ormai è divenuta la lingua “passepartout” che serve per andare in quasi tutto il mondo e capire e farsi capire. Eppure i primi anglofoni del mondo, gli abitanti di una grande isola nei pressi del continente europeo, non hanno ancora avuto la soddisfazione di una dichiarazione internazionale in cui si stabilisce che la lingua ufficiale del mondo e della diplomazia – come fino a prima della 2° guerra mondiale è stato per un paio di secoli il francese – sia l’inglese.
Io ho imparato la lingua vivendo a contatto con gli inglesi che conosco ormai bene, i quali in fondo, e nonostante il loro comportamento spesso non corretto nei confronti di noi continentali, apprezzo – la lingua - per la ricchezza del suo vocabolario; mi piace anche la pronuncia molto più gradevole all’udito di quella americana che trovo sguaiata.
Certo è che gli inglesi pretendono che è per loro inutile studiare altre lingue perché sanno che gli basta la loro.
Purtroppo noi italiani siamo fra i popoli europei che l’inglese lo masticano poco; la ragione principale è che nelle scuole italiane non si insegnano le lingue bene come negli altri paesi dove, alla fine delle scuole secondarie superiori, gli studenti parlano correntemente quella studiata.
Ma ci sono delle altre cose che non mi vanno giu. In Italia, man mano che la conoscenza di questa lingua aumentava e incameravamo numerosi vocaboli inglesi nella nostra bellissima lingua, abbiamo cominciato ad adottare vocaboli americani e tralasciare quelli originari della Gran Bretagna. Per non parlare della pronuncia che, perfino in radio, televisione, ambiente politico dove chi parla dovrebbe avere una pronuncia corretta, assistiamo a suoni penosi.
Nonostante a molti i britannici non siano simpatici, ritengo che dovremmo usare la lingua inglese (visto che in fondo l’isola è in Europa) e non quella americana, che oltre tutto in anni recenti è stata ancor di più “inquinata” dall’aumento degli ispanici che hanno invaso il territorio e inserito parecchie loro parole. Siete d’accordo?
Pochi esempi comuni, fra i tanti, dei due aspetti:
Scusate, dopo molti tentativi non sono riuscito a mettere in fila le colonne
INGLESE AMERICANO pronuncia italiana
errata
Scrittura Pronuncia scrittura Pronuncia
colour kðl’er color kà-ler còlor
privacy prì-va-se privacy prì-va-se pràivasi
manager màn-ij-r manager màn-ij-r menager
management màn-ij-mn management màn-ij-ment menàgement
favour fà/evor favor fà/evor fàvor
centre sé’ ntr center sè’ ntr sènter
establishment està-blisc-mnt establishment ‘is.tag-blisc-mnt establìscment
trousers tràu-(z)ers pants èn(t)s
governance gù-vernans governance go/ùvernans govèrnans
lorry truck
petrol gasoline
boot trunk
pavement sidewalk
underground/tube subway
flat apartment
autumn fall
ground floor first floor
dinner jacket tuxedo
lavatory wash room
shop store
bisquits candies
Non voglio annoiarvi troppo quindi mi fermo qui; ma ci sono molte altre parole differenti fra l’inglese e l’americano.
Se le conoscete e avete voglia, mandatemele: le aggiungerò alla lista
PS – è bene imparare bene l’inglese !